La satira del successo by Alberto Camerotto

La satira del successo by Alberto Camerotto

autore:Alberto Camerotto [Camerotto, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788857543260
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2018-01-14T23:00:00+00:00


Anzitutto: la nota con il riferimento a Lucien Lévy-Bruhl e a Émile Durkheim non va messa sullo stesso piano delle precedenti che citano dai Dialoghi dei morti; cioè Lévy-Bruhl, Durkheim, methexis e mimesis – due parole usate dal primo nelle sue ricerche di etnologia sulla mentalità primitiva –, l’esibizione fallica, la castrazione e Medusa sono riferimenti tratti dal best seller Corpo d’amore dell’antichista eterodosso Norman O. Brown, non da autonome e specifiche letture etno-antropologiche di Pasolini, paragonabili a quelle che egli fece di Mircea Eliade o di James Frazer690. L’autore ha fatto un piccolo centone che introduce sottilmente il noto tema pasoliniano della «Nuova Preistoria» neocapitalistica691, ma ciò che qui interessa è il lessico metaforico-teatrale e questo non è recepito passivamente, o limitato a queste righe, ma è presente fin dall’Appunto 2. La prima rosa dell’estate (sia pure con diversa funzione), ricorre più volte nel corso del romanzo e serve spesso a segnalare, in abbinamento con la metafora del circo (nell’Appunto 129c)692, la spettacolarizzazione del potere e del successo. Il titolo dell’Appunto 97 (I narratori) allude appunto a questa metafora teatrale, al fatto che i potenti sono degli attori che narrano ed esibiscono al pubblico/popolo il loro potere e lo sviluppo economico dell’Italia. E poco oltre il brano appena trascritto la satira è enfatizzata da una soluzione tipicamente menippea: il teatro dei politici, degli imprenditori e degli alti funzionari di stato viene esposto secondo un lungo catalogo epico-parodico che avrebbe incluso, ancora a centone, alcuni versi dell’Iliade e dell’Eneide; la parata conta ventidue eroi, per lo più politici noti, come Giacomo Mancini, Enrico Berlinguer, Ugo La Malfa, Mauro Ferri, Pino Rauti, etc., e in molto minor numero industriali e funzionari, ma tutti chiamati per nome e tutti descritti intenti a parlare di questioni inerenti l’«impero dei Troya»693. Conclusa la parata epico-parodica Carlo incontra un secondo gruppo di narratori, anche questi «uomini di potere e di prestigio» ma in tal caso soltanto letterati: sono in disparte, ben distaccati dal primo gruppo, occupati a raccontare storie sul potere che Pasolini riferirà solo nei successivi “capitoli” della sezione L’Epochè; siedono «fuori dal brulichio infernale», in una zona d’ombra del salone, cioè in piena eccentricità prospettica, e consumano metaforicamente il ciceone al posto del vino che bevono i ventidue eroi, ed è proprio questa separatezza misterica che consente loro di raccontare, in forma di allegoria, satire sul potere. Ma anche i letterati sono oggetto di satira: è il caso del «secondo narratore», che in realtà è il primo dei quattro che si susseguono dall’Appunto 98 al 103; assomiglia a una grande formica e questa similitudine animale è dirimente perché il mondo degli insetti è alluso anche da due vocaboli metaforici associati al primo gruppo di teatranti, ossia «brulichio» e «verminaio», e quindi «formica» induce a una sovrapposizione fra i due gruppi analoga a quella fra Andreotti e Pasolini. Pertanto: prima sono messi alla berlina i vermi potenti, poi la formica spiritosa, che disinvolta perché abituata al successo critica il potere dei vermi ma ironizza



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